Siccità: la situazione 2023
Marzo è alle porte e con esso i viticoltori sono soliti aspettarsi che cominci la prima delle fasi fenologiche che segnano le tappe della vite dal riposo invernale alla maturazione dell’uva.
Durante la prima fase fenologica la pianta riprende l’attività radicale facendo “lacrimare” il liquido linfatico dalle cicatrici della potatura invernale. Questa fase è detta “Pianto” e, vista la situazione idrica del paese – con un inverno secco che ha fatto seguito a l’estate più torrida da 2 secoli a questa parte – non c’è in effetti molto da ridere…
Nel 2022 tutta la filiera vitivinicola era alle prese non solo con l’assenza di pioggia e con le temperature che già a giugno hanno avuto per 24 giorni consecutivi medie di 29° e punte di 36°, ma anche con una storica impreparazione nella gestione della mancanza di acqua.
Nonostante sia convinzione comune che la vite sia una pianta che resista bene alla siccità, questo è stato fortemente smentito (come ha spiegato il Prof. Attilio Scienza dell’Università degli Studi di Milano a WineNews nel 2022) e ci sono zone in Italia, come la Toscana, che hanno un’urgente necessità di potenziamento delle infrastrutture per poter far fronte nuovamente a situazioni di siccità come quelle viste l’anno scorso.
Agire però sull’immagazzinamento di acqua – piovana o da discioglimento dei ghiacciai – in laghetti e bacini artificiali non è sufficiente, perché a tendere ci si aspettano sempre meno pioggia e neve. Bisogna quindi lavorare su altri fronti: sulla gestione del suolo in primis e la genetica, la selezione di portinnesti che siano in grado di resistere alla mancanza idrica.
Se la genetica è un argomento su cui ci sono già grandi risorse in campo, soprattutto negli Stati Uniti, in cui i terreni aridi rappresentano un grande quota del territorio, la gestione del suolo è un argomento poco considerato, ma fondamentale per porre solide basi per le nuove attività vitivinicole.
La vite infatti, si è sviluppata nei millenni per avere radici in grado di seguire la stratificazione tettonica, anch’essa frutto di millenni di storia geologica: le radici superficiali per l’assimilazione della parte minerale e quelle profonde per la parte idrica. Le recenti scelte di portare la viticoltura in zone non avvezze a questa coltura, hanno richiesto imponenti opere di bonifica pedologica, depauperizzando i terreni e mettendo le giovani viti impiantate in grande difficolta. Ma era prevedibile. La natura non ha la stessa velocità della tecnologia e dobbiamo costruire piani di intervento lenti, o sarà difficile non farli fallire.
C’è quindi bisogno di un cambiamento non solo tecnologico, ma culturale.